mercoledì 17 dicembre 2014

La cava Toro non sgombera, ma fa ricorso al TAR.

Continuano le vicende legate alla cava della Toro srl, sul confine tra Chiusa di San Michele e Sant’Ambrogio.
Dopo il sopralluogo, avvenuto il 15 luglio, da parte del NOE (Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri), dell’Arpa e dei responsabili degli uffici tecnici dei due comuni, erano state emesse due ordinanze di sgombero dei materiali rinvenuti. Per quanto riguarda il territorio di Chiusa, sarebbero stati da rimuovere diversi fusti contenenti bitume e altri liquidi, mentre sul territorio Sant’Ambrogio dovevano essere tritati gli enormi cumuli di materiale presenti sul piazzale. Questi interventi non sono mai stati intrapresi e non erano più giunte notizie da parte della Toro srl, almeno fino alla scorsa settimana.
Infatti, proprio nei primi giorni di dicembre è stato recapitato un esposto ai due Comuni, in cui si annuncia che la proprietà, rifiutando le ordinanze di sgombero, ha fatto ricorso al TAR. Ciò che viene contestato sono le modalità di emissione delle ordinanze, per cui la proprietà afferma di non essere stata avvertita, che non le sono stati mostrati i verbali dei ROS e che i sindaci non avrebbero avuto l’autorità per emettere tali ordinanze.  
Per il sindaco di Sant’Ambrogio, Dario Fracchia: «Si tratta di un ricorso strumentale che non ha alcuna base giuridica». Intanto però, mentre si procede alle verifiche, si allontana nei due Comuni la speranza di vedere bonificata quell’area.
Infatti, oltre alla difficoltà di far valere le proprie ragioni, c’è il fatto che la proprietà sarebbe intestata ad una signora di oltre ottant’anni, quindi difficilmente incriminabile per qualsivoglia motivo.
Una situazione che imprime di amarezza le parole di Fracchia: «Non so davvero come andrà a finire. Vista la situazione giuridica del nostro Stato, la vedo grigia. Ora dobbiamo vedere se riusciamo ad imporgli qualcosa, ma non sono così fiducioso». Il primo cittadino di Sant’Ambrogio ha comunque confermato la volontà di costituirsi parte civile. 
Purtroppo, nel caso in cui i due Comuni non riescano a spuntarla, difficilmente saranno in grado di far eseguire la rimozione dei materiali, che avrebbe dei costi molto elevati. In tal caso si dovrebbero aspettare finanziamenti provenienti da chissà dove, mentre nell’area permarrebbe il degrado che crea un danno non solo all’ambiente, ma anche all’immagine dell’intero Piemonte, essendo posto proprio ai piedi del monumento che ne è il simbolo.

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