Continuano le vicende legate alla
cava della Toro srl, sul confine tra Chiusa di San Michele e Sant’Ambrogio.
Dopo il sopralluogo, avvenuto il
15 luglio, da parte del NOE (Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri),
dell’Arpa e dei responsabili degli uffici tecnici dei due comuni, erano state
emesse due ordinanze di sgombero dei materiali rinvenuti. Per quanto riguarda
il territorio di Chiusa, sarebbero stati da rimuovere diversi fusti contenenti
bitume e altri liquidi, mentre sul territorio Sant’Ambrogio dovevano essere
tritati gli enormi cumuli di materiale presenti sul piazzale. Questi interventi
non sono mai stati intrapresi e non erano più giunte notizie da parte della
Toro srl, almeno fino alla scorsa settimana.
Infatti, proprio nei primi giorni di dicembre è stato recapitato un esposto ai due Comuni, in cui si annuncia che la
proprietà, rifiutando le ordinanze di sgombero, ha fatto ricorso al TAR. Ciò
che viene contestato sono le modalità di emissione delle ordinanze, per cui la
proprietà afferma di non essere stata avvertita, che non le sono stati mostrati
i verbali dei ROS e che i sindaci non avrebbero avuto l’autorità per emettere
tali ordinanze.
Per il sindaco di Sant’Ambrogio, Dario Fracchia: «Si
tratta di un ricorso strumentale che non ha alcuna base giuridica». Intanto
però, mentre si procede alle verifiche, si allontana nei due Comuni la speranza
di vedere bonificata quell’area.
Infatti,
oltre alla difficoltà di far valere le proprie ragioni, c’è il fatto che la
proprietà sarebbe intestata ad una signora di oltre ottant’anni, quindi
difficilmente incriminabile per qualsivoglia motivo.
Una situazione che imprime di amarezza
le parole di Fracchia: «Non so davvero come andrà a finire. Vista la situazione
giuridica del nostro Stato, la vedo grigia. Ora dobbiamo vedere se riusciamo ad
imporgli qualcosa, ma non sono così fiducioso». Il primo cittadino di
Sant’Ambrogio ha comunque confermato la volontà di costituirsi parte civile.
Purtroppo, nel caso in cui i due Comuni
non riescano a spuntarla, difficilmente saranno in grado di far eseguire la
rimozione dei materiali, che avrebbe dei costi molto elevati. In tal caso si
dovrebbero aspettare finanziamenti provenienti da chissà dove, mentre nell’area
permarrebbe il degrado che crea un danno non solo all’ambiente, ma anche all’immagine
dell’intero Piemonte, essendo posto proprio ai piedi del monumento che ne è il
simbolo.
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